Alessandro Martinelli è un artista eclettico che sa ben coniugare due universi apparentemente lontani della musica: i brani per pianoforte e la techno. In uscita il 7 marzo il secondo album dal titolo Solo (Memory Recordings) che contiene nove tracce attraverso le quali il compositore ci conduce in un viaggio intimo e introspettivo dove la solitudine non è prigionia, ma liberazione e necessaria pausa per nuovi inizi.
Quando e da cosa nasce la tua passione per la musica?
Credo che la mia passione per la musica sia nata ancora prima che venissi al mondo. Mia mamma, quando era incinta di me, andava in discoteca fino al sesto mese di gravidanza, quindi penso di aver iniziato ad assorbire le vibrazioni già da lì. Una volta nato, ho ricordi vivissimi delle domeniche mattina: mio padre mi svegliava e mi faceva mettere i vinili sul giradischi, la musica esplodeva in tutta casa e io ero solo un bambino, ma già completamente immerso in quel mondo di suoni. La musica è sempre stata presente nella mia vita, come un sottofondo costante che col tempo è diventato la mia voce più autentica.
Cosa rappresenta per te il pianoforte e quali emozioni veicola in te?
Il pianoforte per me è come uno specchio dell’anima. È il luogo in cui riesco a fermarmi e ascoltare davvero cosa sto provando. Ogni tasto diventa una possibilità di esprimere un’emozione nascosta, un pensiero taciuto. Nella mia quotidianità è il mio rifugio: un posto dove posso essere completamente me stesso, senza maschere e dove ogni nota diventa una forma di liberazione emotiva.
Il nuovo album s’intitola “Solo”. Che significato ha per te la “solitudine”?
La solitudine è una presenza costante nella mia vita, a volte compagna, altre volte nemica. In “SOLO” ho voluto esplorare proprio questa dualità: il senso di isolamento che può far male, ma anche quello spazio intimo che ti permette di guardarti dentro e crescere. Per me la solitudine non è solo assenza di altri, ma un terreno fertile dove possono nascere consapevolezze profonde e nuovi inizi.
Come nascono i tuoi brani e quali le principali fonti d’ispirazione?
I miei brani nascono spesso da momenti di forte introspezione. Non ho un processo preciso, mi lascio guidare dalle emozioni e dagli stati d’animo. A volte è una melodia che compare all’improvviso, altre volte è il bisogno di raccontare qualcosa che non riesco a spiegare a parole. Le principali fonti d’ispirazione sono le esperienze personali, i rapporti umani e tutto ciò che smuove qualcosa dentro di me, nel bene e nel male.
Cosa ascolti maggiormente in questo periodo della tua vita?
Ultimamente (ormai da anni in realtà) ascolto molto Sam Fender. È uno di quegli artisti che riesce a trasmettere emozioni autentiche, raccontando il lato più fragile e profondo dei rapporti umani e questo risuona molto con il mio modo di vivere la musica. Le sue canzoni hanno quella capacità di scavare dentro, senza filtri, mantenendo però un’energia intensa. In qualche modo mi ritrovo nelle sue atmosfere malinconiche, ma potenti che riescono a toccare corde intime e allo stesso tempo universali.
Progetti imminenti e futuri?
Sto lavorando per portare avanti entrambi i miei mondi musicali. Con “SOLO” sto progettando dei live pianistici che mettano al centro l’intimità e l’ascolto profondo. Allo stesso tempo, continuo a sviluppare il mio progetto techno, GRAY COSMO, con il quale quest’estate suonerò all’Hi di Ibiza e all’Extrema Outdoor Festival in Belgio. Mi piace l’idea di alternare questi due spazi così diversi, senza dover scegliere tra di loro. Entrambi sono parte di me e continuerò a portarli avanti in parallelo.