Pop Corn

STORIA DI UNA LEGGENDA AMERICANA

Scritto da Annalisa Nicastro

I walk the line, Folsom Prisom blues sono solo alcuni tra i classici più famosi di Johnny Cash (1932-2003), il più grande cantastorie d’America per il quale il cuore alla fine è l’unica cosa che veramente conta nella vita. Steve Turner scrive The man called Cash (Johnny Cash nella traduzione italiana edito da Kowalski), la prima autobiografia autorizzata sull’icona indiscussa della musica country, scomparsa più di cinque anni fa. Cash è sempre stato un grande ribelle, una vera e propria forza della natura quella forse più selvaggia, che cantava canzoni di protesta e che riuscì a mettere nella musica country di metà anni ’50 un nuovo ingrediente, quello dell’impegno sociale, fino ad allora praticamente sconosciuto in questo tipo di musica, che era sempre stato piuttosto conservatore politicamente parlando. A Cash piacevano, infatti, tutte le canzoni che raccontavano la storia di pionieri e cowboy, schiavi e prigionieri, contadini e operai “Mi piace tenerli in vita: gospel, spiritual, blues del Sud. Tutte le canzoni che amavo da ragazzo le amo ancora oggi. Vengono dallo stesso uomo, lo stesso respiro, lo stesso pozzo”.
Turner ripercorre con delicatezza tutte le tappe della sua vita che ha inizio durante la Grande Depressione nei campi di cotone dell’Arkansas, uno dei Paesi più arretrati degli Stati Uniti. Figlio di agricoltori poverissimi riuscì a raggiungere le vette della popolarità e a vendere più di 50 milioni di dischi (incise prima per la Sun Records e poi per la Columbia) senza dimenticare mai però le proprie origini e di quanto in fondo fosse stato fortunato nella sua vita “Sui campi si cantava per distogliere la mente dalla schiena dolorante e dalle mani che sanguinavano. La radio portava in casa un mondo magico. Niente era più importante per me che sentire quelle canzoni a quella radio. La musica mi portava sopra il fango, la fatica, il sole cocente”. Johnny Cash cantava con la sua chitarra la vita di tutti i giorni, dell’amore, di Dio e poi di perdenti, di guerra, del West e della sua America. Amava genuinamente il suo prossimo, per questo motivo riuscì a portare il suo sound boom chika boom nelle prigioni “la prima volta che ho suonato in un carcere ho pensato che quello era l’unico posto in cui registrare un album dal vivo: non avevo mai sentito una reazione simile alle mie canzoni”.
Conquistò la popolarità con molti sacrifici, incontrando spesso nella sua vita momenti di difficoltà e gli abissi dell’insicurezza, dell’autodistruzione dovuti all’abuso di droghe ma ebbe anche la fortuna di incontrare June Carter la persona più importante, l’amore indiscusso della sua vita, “una roccia solida” che lo salvò letteralmente e a cui fu sempre legato indissolubilmente.
Johnny Cash aveva il dono di scrivere canzoni che raccontavano storie “Amo le parole, quindi vedo come i testi si legano insieme. E’ la pura gioia di scrivere. Amo scrivere”.
La biografia di Steve Turner ci regala un ritratto magistrale di questo grande artista, per il suo valore è un libro che bisogna avere assolutamente.

Annalisa Nicastro (11.1.09)

Johnny Cash
Steve Turner
Kowalski

Trad. Ilaria Katerinov
pp.448, €22,00

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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