Se il vostro pensiero, guardando il nome del gruppo, sta correndo veloce a Tom Waits… fermatelo! Lies, Alibis and Lullabies è un disco di musica elettronica, dunque, ben lontano dalle atmosfere jazz – blues del capolavoro di Waits. Lies, Alibis and Lullabies è l’incontro-scontro tra due culture lontanissime: quella del cantautorato classico e quella dell’elettronica anni ’80.
L’idea nasce dall’incontro tra Andrea Ferrante, che ha scritto le canzoni utilizzando la sua chitarra, e Luigi Gori, DJ produttore internazionale di musica elettronica.
Le dieci canzoni, come detto, nascono su di una chitarra e sono il frutto delle riflessioni che l’autore fa su se stesso e sulla nostra società. Una società in cui è sempre più difficile mantenere il proprio Io senza essere travolti da una mediocrità spesso programmata (Brand New Enemy). Da una routine quotidiana che, comunque, travolge e soffoca Pycothotic Morning (Wake up); una routine che trasforma la società in automi, incapaci di pensare e agire in modo personale ma che, allo stesso tempo, affratella nella ricerca di ciò che è di moda (Idiot walk in a row); una routine che può, nei casi più estremi, trasformare bravi ragazzi in bestie (Goodfellas never die).
E se questo è il lato sociale del disco ve n’è anche uno più intimo e sentimentale, nel quale domina il tema dell’amore. Testi importanti che se fossero diventati album acustico avrebbero, visti i tempi, relegato l’intero lavoro ad album di nicchia. È a questo punto della storia che subentra l’esperienza di Luigi Gori. I brani, tutti in lingua inglese, vengono adattati, non senza un’iniziale riluttanza da parte di Andrea Ferrante, a ritmi e sonorità che richiamano, inevitabilmente, elettro-pop anni ’80. Il risultato finale è, senza dubbio interessante e di respiro internazionale. Siamo, inoltre, sicuri che i messaggi arriveranno molto più diretti e immediati ma, senza voler sminuire il lavoro fatto, resta in me, amante del rock, la curiosità di sapere cosa sarebbero diventati quei testi se…
Fortunato Mannino