Recensioni

Paul Weller – True Meanings

Scritto da Marco Restelli

In questo album ci sono episodi da 110 e lode con bacio accademico

Quando un musicista arriva all’apice della propria carriera e non ha più nulla da dimostrare, sia in termini commerciali che artistici, normalmente le opzioni per il suo futuro sono tre: il ritiro definitivo, una lenta e stanca ripresentazione del proprio repertorio oppure, infine, una nuova fase sperimentale che possa fornire nuova linfa alla sua creatività. Quest’ultima via deve essere stata la strada maestra intravista da Paul Weller dopo l’ultimo grande disco As is now del 2005, che conteneva un po’ tutti gli elementi che lo hanno reso quello che era e fortunatamente ancora è: uno dei più grandi artisti d’oltremanica.
Il nuovo percorso “innovativo” iniziò, con cadenza praticamente biennale, dall’ipertrofico 22 Dreams del 2008 (21 pezzi disomogenei, fra i quali molti a dir poco trascurabili), poi proseguì con il punkeggiante Wake up Nations (a mio modesto avviso, decisamente fuori squadra), il frullatore di stili di Sonic Kicks e in ultimo, con l’accoppiata Saturn Patterns (2015) e A Kind Revolution (2017) che di fatto non hanno lasciato realmente il segno se non evidenziando, in pochi brani sporadici (penso ad esempio a Dusk til’down, a Going my way o a Long long road), l’indubbio talento dell’ex leader dei Jam e degli Style Council.
A un certo punto, per fortuna, anche gli uragani di categoria 5, dopo aver sconvolto tutto e tutti, si placano e trovano pace trasformandosi in una brezza che è un piacere sentire sulla propria pelle. E così, all’inizio di questo autunno, quando con le prime piogge il mood dominante diventa malinconico, è uscito l’album inatteso che coloro che seguono Weller sin dagli esordi oramai non osavano più sperare: cantautorale, essenzialmente acustico, pieno zeppo di bellissime ballate tali da poter competere, per qualità e melodie, con i suoi brani più conosciuti ed amati. Il titolo True Meanings è già di per sé illuminante circa l’approccio, familiare e autobiografico, con il quale l’autore è entrato in studio di registrazione, così come il libretto del disco con alcune foto che lo vedono ritratto in atteggiamento amorevole a fianco della giovane moglie, in attesa di un bambino e dei figli piccoli. Tutti elementi in sintonia con l’aria che si andrà a respirare mettendo nel lettore o sul piatto il nuovo lavoro, a incominciare dall’apertura intensa di The soul searcher nella quale parla del suo essere costantemente alla ricerca, ogni notte, di se stesso.
Le canzoni da citare in realtà sarebbero veramente troppe correndo forse il rischio di tediarvi e così mi limito a evidenziare solo gli episodi da 110 e lode con bacio accademico. La prima è l’esplicita dedica al compianto Space Man della splendida Bowie (Do you know there’s no journey / We’re arriving and departing all the time / You were just mortal like me / God is only just a melody) che considero sublime per testo e melodia. Le altre sono la cullante midtempo What would he say?, un fiume di bellezza che vi trasporterà in questa stagione così dolceamara fino al freddo inverno (con il suono di una tromba ariosa ad accompagnare il viaggio) e Aspects che è il brano esteticamente più vicino alla mitica Wild Woods che abbia mai fatto dall’epoca della sua uscita.
Termino semplicemente aggiungendo che nella classifica dei miei 10 album dell’anno True Meanings troverà un posto bello comodo, valendo pienamente il vecchio adagio “All killer no filler” per definirlo in maniera più sintetica.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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