Pop Corn

Low

Scritto da Annalisa Nicastro

Quando l’album Low uscì nel 1977 furono in molti a non apprezzarlo fino in fondo e solo pochissimi ne capirono la portata innovativa. Nonostante si fosse posizionato al numero 2 delle classifiche inglesi e al numero 11 negli Stati Uniti sfuggiva infatti qualcosa di questo prezioso lavoro di David Bowie.
Dalla critica fu bollato come un album vuoto, vacuo con niente da dire! Niente di più sbagliato, il nichilismo infatti qui è solo apparente. Nelle pagine che Hugo Wilcken dedica a questo capolavoro, in Low edito da NoReply si trova il vero significato dell’album con il suo ricco percorso di formazione (non dimenticando personaggi chiave come Brian Eno e Iggy Pop). L’album più europeo di Bowie segnò infatti il punto più alto del pop concepito come forma d’arte con la sua atmosfera di alienazione moderna, il suo espressionismo, il suo incontro tra naturale e sintetico con i ritmi R&B che incontrano i suoni elettronici.
Ricordiamo che Bowie in quegli anni soffriva di manie paranoiche, di attacchi di psicosi derivati dall’uso smodato di cocaina che lo portarono più volte ad avere percezioni molto distorte della realtà. Quando arrivò a Berlino nel 1976 Bowie era alla fine delle session di Low ed era una star in fuga dal successo. Fu proprio la città di Berlino (quasi uno specchio dell’anima di Bowie) ad offrirgli la possibilità di lottare per stare meglio. Low con i suoi pensieri frammentari, gli sbalzi d’umore, con i suoi spazi chiusi che da una parte soffocano ma che dall’altra riparano, proteggono e Berlino con il senso di libertà che offre, rappresentano dunque il modo di fuggire dall’America, da quel periodo orribile che Bowie stava attraversando, dandogli la possibilità di cercare e trovare un nuovo linguaggio musicale, nuove forme di scrittura. In Low la musica diventa paesaggio sonoro piuttosto che strutturarsi in canzoni con narrazioni melodiche a cui Bowie ci aveva abituato in precedenza (pensiamo a Station To Station ad esempio)
Wilcken, scrittore australiano che ha scelto Parigi come città adottiva, ci regala delle gran belle pagine su un album che non solo fu colonna sonora della sua adolescenza ma che con la sua alienazione moderna, il suo legare generi musicali diversi creò un‘innovazione nel panorama musicale dell’epoca e che influenzò profondamente altre band pop che vennero dopo.
La casa editrice NoReply ripropone nella sua collana Tracks la traduzione in italiano di questo interessante libro ripreso dalla famosa edizione 33 1/3 della Continuum Books americana, in cui una larga varietà di artisti ci parla del loro Lp favorito tra quelli usciti negli ultimi anni.

Annalisa Nicastro (29.11.09)

Low
Hugo Wilcken
NoReply

trad. Stefano Nardini
pp.200, € 12,00

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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