Sulla musica

In Nome Della Legge – Musica di Carlo Rustichelli

Scritto da Annalisa Nicastro

Capitolo 2.1 (parte 16) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. In Nome Della Legge (’49) di Pietro Germi; musica di Carlo Rustichelli

Capitolo 2.1 (parte 16) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. In Nome Della Legge (’49) di Pietro Germi; musica di Carlo Rustichelli

Paolino si reca dal procuratore a dirgli di aiutarlo a sposare Vastianedda, prima che sia troppo tardi, visto che Ciccio Messana la vuole. Il maresciallo gli mostra una medaglietta, trovata vicino al corpo del bandito ammazzato, chiedendogli di chi sia: egli risponde che è di Gallinella, uno degli uomini di Turi Passalacqua. Il procuratore va col maresciallo ed altri due carabinieri ad arrestare Gallinella che si trova nella cascina del suo capo-mafia. Tutta la sequenza dell’arresto è accompagnata dal leitmotiv a marcia dei titoli di testa, variato nella strumentazione e capace di farci intendere che quell’arresto non è un trionfo come potrebbe sembrare (infatti Gallinella sarà presto liberato), ma una vera e propria condanna a morte del procuratore. Infatti, la sera tutti gli uomini di mafia si riuniscono per decretarla; an­che Paolino deve essere punito, poiché, così dice ai suoi compagni Ciccio Messana, l’ha visto fare la spia, riconoscendo la medaglietta di Gallinella.
Il leitmotiv che abbiamo visto legarsi ai due giovani innamorati, quello spagnoleggiante, ritorna ad unirsi a loro nell’ incontro notturno clandestino: Paolino giacerà con Vastianedda, togliendole l’onore, così da poterla sposare. La mattina seguente, molti compaesani si trovano di fronte la stalla, nella quale si trovano, abbracciati nella paglia, i due ragazzi. La madre di Vastianedda è furiosa e viene schernita dai paesani che le dicono di essere giunta troppo tardi. Arriva anche Ciccio Messara che, accecato dall’onta, col fucile in mano tenta di sfondare la porta, ma viene poi fermato dalla sua antica amante. E’ interessante notare come durante questi tentativi di entrare nella stalla, col vociare strafottente dei paesani, i due ragazzi si stringano l’uno all’altra, abbracciati e coperti proprio da quella musica piena di passione schietta e mediterranea che crea intorno a loro una fortificazione fatta di note musicali, assolutizzandoli e staccandoli, seppur per un breve momento, da quell’abbietta cultura che li vuole per forza infelici.
Intanto Gallinella viene liberato per mancanza di prove; il procuratore viene invitato, stranamente, alla festa a casa del barone, dove quest’ultimo tenta di corromperlo e, non riuscendovi, gli fa sparare, ma viene solo ferito ad un braccio. Per finire, mentre si trova a casa col procuratore di Palermo che è venuto a dirgli del trasferimento, scoppia una sommossa dei minatori, i quali non ce la fanno più e cre­dono che anche il procuratore li abbia abbandonati, mettendosi col barone. Il procu­ratore Guido Schiavo decide non per il trasferimento, bensì di lasciare la magistratura per sempre, deluso e convinto dell’immutabilità del sistema che ha combattuto coraggiosamente e tenacemente.
Il leitmotiv spagnoleggiante torna quando, dopo aver salutato il maresciallo e il cancelliere, il procuratore incontra Paolino, il quale, piangente, gli dice che presto si sposerà e che spera di vederlo al suo matrimonio. Presto, però, la musica della passione mediterranea acquista delle tinte fosche e tragiche, confermate dall’uccisione del ragazzo, provocata dal crudele Ciccio Messana. La stessa melodia che abbiamo visto coprire e proteggere l’amore e la passione di un ragazzo puro, in qualche modo differente ed estraneo a quella cultura necrofila, ora torna a sottolinearne la fugacità e la morte in un modo estre­mamente forte che ci permette di capire la decisione del pretore a rimanere (nel momento in cui sta andando via per sempre) e il suo accorato e deciso processo a tutto il paese che viene investito della colpa di una tale barbarie, nessuno escluso.
L’entrata a cavallo di Turi Passalacqua e dei suoi uomini è accompagnata dal leitmotiv a marcia dei titoli di testa. Il capo-mafia si rivela essere uomo a suo modo saggio, confermando quanto detto dal pretore e decidendo di rientrare nella legge, consegnandogli il colpevole invece di ucciderlo come è tradizione della mafia. Que­sta è una vittoria dello Stato che avvalora un messaggio in fondo positivo del film. E nello sguardo di rispetto e di intesa fra lo Stato e l’anti-Stato, rientra potente e sta­volta tutto intero il leitmotiv dei titoli di testa iniziali, denotando con vigore una vittoria e una conciliazione che purtroppo non trovano conferma nella realtà, mentre vediamo gli uomini d’onore perdersi e confondersi, al galoppo dei loro cavalli, nelle belle colline assolate della terra di Sicilia.

Segue nel prossimo numero! Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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