Capitolo 2.1 (parte 16) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione. In Nome Della Legge (’49) di Pietro Germi; musica di Carlo Rustichelli
La mattina successiva vediamo il cancelliere e l’avvocato andare al tribunale. Entrambi sono accompagnati sempre dal leitmotiv ironico che un’altra volta viene a caratterizzare “a caricatura” questi personaggi burocratici.
Con grande sorpresa il cancelliere si accorge che il pretore è già al lavoro da un pezzo (sono già le 10 del mattino), quasi fosse la cosa più strana del mondo. Mentre il pretore rimprovera la mancanza di lavoro, vedendo decine di pratiche di processi che giacciono lì chiuse ormai da anni, ci sembra di risentire la caricatura musicale precedente, anche se realmente non si sente più, rafforzando quel senso di completo abbandono in cui si muove, rantolando, la giustizia, la quale non può che essere beffeggiata e presa in giro.
Subito il pretore sente il primo avvertimento della presenza della mafia, quando il maresciallo lo avverte che un uomo sta morendo, colpito al petto da una fucilata. Il pretore va nella casa del ferito (che si rivela essere uno dei due banditi che hanno ucciso il contadino per rubare le due mule del barone), si avvicina e gli chiede di dirgli chi è stato a sparargli; la risposta è solo un cenno col capo che indica Ciccio Messana (uno degli uomini di Massaro Turi Passalacqua, il capo-mafia della zona che protegge il barone).
Tutt’intorno sono solo volti muti, drammatici, chiusi in quella nota omertà invincibile: queste le uniche risposte che il giovane pretore riceve.
La musica si pone subito con un tono altamente tragico, drammatico, con una sconsolata e triste frase di violino che ci fa penetrare nell’atmosfera di tremenda immobilità, rafforzata da quei volti scarni e come abituati al secolare silenzio. La musica poi quasi magicamente si scioglie in estrema dolcezza quando il pretore vede Paolino (l’unico che al suo arrivo s’era offerto di portare le sue valige) che dà, per cenni, un appuntamento alla sua bella, Vastianedda. E’ un accenno di quella melodia spagnoleggiante del leitmotiv principale che si palesa nel suo significato passionale e che caratterizzerà i futuri e osteggiati incontri tra i due puri ed onesti amanti, individuando quella schietta sicilianità di sentimenti di cui già s’è detto. Non tutto è marcio, insomma, nella cultura che il film tenta di tracciare.
Ancora, abbiamo qui un esempio di come, e con quanta facilità, Rustichelli sappia passare da un significato all’altro, da una scena ad un’altra, legando e fondendo motivi melodici differenti, ma che proprio perché uniti trovano una maggiore espressione coll’immagine cinematografica.