Interviste

Filippo Andreani

Scritto da Annalisa Nicastro

Scritti con Pablo è il nuovo lavoro del comasco Filippo Andreani. Il titolo denota chiaramente l’amore per le parole, parole che raccontano ed emozionano.
È vero amore per le parole, dici bene. Anche se sono canzoni, li ho voluti chiamare “scritti” perché li considero i miei piccoli “scritti corsari”. Ho cercato, come faceva il grande maestro Pasolini, di guardare il mondo da un punto di vista che fosse il più possibile soltanto mio, e poi di scriverne nel migliore dei modi.
Adoro scrivere, adoro frugare nella lingua italiana in cerca di vocaboli e rime. Mi emoziona, riesce a non farmi dormire la notte.

Parliamo di Pablo, un nome che sa di rivoluzione e di poesia ma anche di amore e fedeltà. Mi riferisco al tuo cane ovviamente che ha quanto ho potuto leggere ti è stato accanto durante la stesura dei brani.
Pablo è stato un compagno di scrittura ideale. È paziente, silenzioso e immobile. E fedele. Ha sopportato nottate di fogli scritti e stracciati, di accordi sbagliati. La compagnia di uno “scrittore” al lavoro non è certo sopportabile da molti. D’altra parte, si è talmente staccati dalla realtà, in quei momenti, che il rischio grande è di finire a scrivere cose del tutto fantasiose che quindi sarebbero – a mio avviso – del tutto inutili. Pablo me l’ha impedito, chiamandomi di tanto in tanto per due passi all’aperto. Pablo ha incarnato la ragione e proprio per questo l’ho voluto accanto nel titolo del disco.

Per questo lavoro ti sei avvalso della preziosa collaborazione di Simone Spreafico, il risultato è un lavoro asciutto, pulito e mai banale …
Simone è un ottimo chitarrista. Abbiamo lavorato insieme anche alla costruzione delle canzoni ed agli arrangiamenti. Lo scopo era quello di fare un disco che suonasse in maniera essenziale, sincera. Non amo l’originalità a tutti i costi, credendo che se c’è sostanza non sia necessario ornarla di molti fronzoli.

“ … quando muore un poeta, il cielo nasconde il suo viso …” il poeta in questione è Bruno Lauzi, un grande artista scomparso di recente al quale hai voluto dedicare una canzone …
Lauzi è morto mentre la gente aveva altro da fare. Abbiamo sempre altro da fare, intrappolati come siamo nell’abitudine, che Pascal definiva “la seconda natura che annulla la prima”. Non siamo in grado di fermarci nemmeno per piangere un poeta.

Le tue canzoni denotano il tuo interesse per le tematiche sociali. Credi che la musica, così come le altre espressioni artistiche, abbia un ruolo formativo o quantomeno debba favorire la riflessione?
Il fatto è che mi piace raccontare, ma ancor di più mi piace dire. Tra i due verbi c’è in mezzo l’infinito. Sento l’esigenza di esprimere un’opinione, di confrontarmi, di condividere i miei pensieri e i ragionamenti che ne stanno alla base.

Come ti sarai sentito dire numerose volte, ascoltandoti si pensa subito a Fabrizio De Andrè. La cosa ti infastidisce?
Non mi avrebbe infastidito se qualcuno – guardandomi giocare a calcio – mi avesse paragonato a Maradona. In questo senso, quindi, il paragone con De Andrè non mi infastidisce, ma, anzi, mi lusinga. Specie quando qualcuno appunta che scrivo come lui e non solo che canto nelle sue stesse corde. Al contrario, quando qualcuno insinua che io abbia velleità emulative … Ecco, questo mi infastidisce molto. Non vivo e non muoio per De Andrè, sul camino di casa mia non ho la sua fotografia ma una gigantografia di Joe Strummer!

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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