Capitolo 2.1 (parte 15) I musicisti cinematografici del dopoguerra: i “maggiori”, fra tradizione ed innovazione.
Cielo sulla palude (’49) di Augusto Genina; musica di Antonio Veretti
Da ora in poi, il film sarà centrato tutto sui tentativi di Alessandro di possedere la “santa” Maria che non vuole cedere alla violenza cieca e blasfema che muove l’indemoniato giovane. Egli si porrà come unico obiettivo di strapparla a Dio, suo unico vero antagonista, in un tormento prometeico che lo trasformerà infine in omicida.
E così in un afoso giorno estivo, mentre gli altri stanno lavorando nei campi, egli si trova solo con la sua vittima, deciso ad ucciderla se ella rifiuterà di giacere con lui. Ma Maria è votata ormai al Signore e si fa martire rifiutando di accondiscendere alla violenza carnale di Alessandro, il quale, preso da buia follia, l’accoltella più volte su tutto il corpo, rendendola simile a Cristo in croce.
Nel lungo finale, la vediamo ormai morente all’ospedale di Nettuno; tutti i contadini della zona fanno ressa per vederla, commossi di fronte ad una storia come questa: una bambina di 12 anni che muore come una santa. Maria, prima di spirare, sospira, sorridendo, il suo perdono ad Alessandro, e, felice di poter raggiungere il padre in paradiso, chiude gli occhi per sempre.
La musica si spande leggera nella stanza, sul volto di Maria, sui volti di tutti i contadini, anche su quelli che si trovano fuori dall’ospedale, con un accento di tradizionalismo musicale che forse qui non stona più di tanto, trattandosi di una scena che esprime quasi tutti gli elementi del genere melodrammatico. La cosa interessante da notare è l’inserzione, nel forte dell’orchestra, di un coro di voci femminili che parte soave non appena la santa ragazza è morta e si propaga all’intorno come fosse la sua anima, facendo genuflettere in preghiera tutta la fila di contadini che va dalla stanza al portone dell’ospedale.
Antonio Veretti è riuscito in questo film a produrre situazioni musicali molto vicino alle immagini cui si riferiscono, cedendo al tradizionalismo in poche e forse obbligate situazioni. E tutto questo, basandosi su correnti musicali differenti, quali possono essere il classico-romantico (si veda il bellissimo movimento iniziale dei titoli di testa, molto potente e beethoveniano), il romantico e il neoclassico, congiungendoli ed amalgamandoli in un tessuto musicale alquanto organico, capace di alternare le differenti componenti nei momenti giusti dati dall’immagine. Anche nell’uso di elementi come le campane o in elementi extramusicali come il rumore dello spumeggiare delle onde del mare (Maria è innamorata ed attratta dalla sua infinità), usati nel tessuto musicale che viene caricato di significati più diretti, si può riconoscere la validità di un lavoro come quello di Veretti nel cinema. Così come da lodare sono infine l’uso dei canti popolari-contadini che si inseriscono profondamente, mai casualmente, nella drammaticità del film, avvicinandocela realisticamente.
[box]Segue nel prossimo numero! Tratto dalla Tesi di Gianluca Nicastro La musica nel cinema del dopoguerra italiano[/box]