Pop Corn

Bird

Scritto da Annalisa Nicastro

Il libro del musicologo Gianfranco Salvatore “Charlie Parker “Bird” e il mito afroamericano del volo” edito da Stampa Alternativa ci rivela uno dei personaggi più venerati e influenti del jazz moderno sotto una luce del tutto nuova. Non si tratta quindi di un’ulteriore biografia cui piace indugiare morbosamente solo sugli aspetti scandalistici e patologici di una personalità complessa e travagliata come quella di Parker, bensì l’autore ci regala una rigorosa ricerca storica, una dettagliata analisi musicologica, approfondita da una visione e interpretazione antropologica tale da far rivivere Bird come non era mai avvenuto prima.
Charlie Parker con il suo sassofono alto si conferma impareggiabile per tecnica, fantasia e una grande originalità, un solista formidabile, capace di improvvisare a una velocità mai vista in precedenza, inventando splendide melodie, dove sapeva infilare citazioni dalle fonti più disparate, con un lirismo commovente. Non bisogna dimenticare infatti che la cultura musicale è una delle cose più ordinate e metodiche della sua travagliata esistenza. Conosceva il repertorio Rinascimentale, amava Bach, Beethoven, Brahms, Mozart e tra i moderni oltre a Stravinsky, ammirava Debussy e Ravel, Wagner e Hindemith, e poi Prokofiev, Shostakovic, Schönberg. Un uomo quindi colto e brillante con un mostruoso talento naturale.
Mosse i primi passi a Kansas City dove era nato nel 1920. Questa città a metà degli anni Trenta era piena di locali dove si suonava jazz, musica, si può dire, che si trovava ad ogni angolo di strada. Dopo le prime “umiliazioni” che subì esibendosi nelle varie jam session con i colleghi più grandi, più esperti e maturi di lui che ogni notte si ripetevano in questi locali (cosa che assunse un’importanza incredibile per la sua determinazione futura a essere sempre il migliore col suo strumento e nello studio quasi maniacale dell’armonia), via via iniziò a farsi conoscere tra i musicisti imponendosi sempre più come musicista di talento. Ma il tempo della affermazione totale non era ancora giunto.
Nei Primi anni quaranta si trasferì a New York dove conobbe altri grandi del jazz. L’incontro determinante fu quello con Dizzy Gillespie. I due si capirono subito, perché iniziarono subito una quotidiana collaborazione fatta di studio durante le pause dei concerti, scambiandosi i manuali di tromba e sax, sperimentando nuove soluzioni e utilizzandole nelle jam session. I fermenti del Be bop erano già nell’aria da tempo, ma l’arrivo di Parker accelerò e determinò immediatamente la nascita di un nuovo modo di suonare il jazz. Il continuo slittamento degli accenti forti della melodia, la dislocazione asimmetrica delle frasi, una nuova concezione ritmica col contrasto dinamico del suo fraseggio, la velocità come prerogativa essenziale, sono le caratteristiche principali dell’arte e dello stile di Bird. Per i suoi colleghi fu una folgorazione e molti di loro si appropriarono di questo nuovo mood lasciandosi alle spalle quello swing che aveva caratterizzato la musica jazz fino ad allora.
L’alcolismo, i drammi personali (come la morte dell’amata figlia Pree), l’eroina, sono certamente stati determinanti nella vita di Parker, ma non sono stati capaci di adombrare uno spirito effervescente e fantasioso come il suo. Persino Il film di Clint Eastwood, che per lo più si è basato sulla biografia del discografico Ross Russel, è caduto nel tranello regalandoci un film limitativo sulla figura complessa del grande jazzista afroamericano, fermandosi appunto agli aspetti autodistruttivi che la droga, l’alcol avevano causato in lui, portandolo alla morte a soli 35 anni.
Il libro si apre citando una favola mitica di anonimo del mondo africano: “Un tempo, tutti gli africani volavano come uccelli, ma poi, a causa delle loro molte trasgressioni, quelle ali gli furono tolte. Rimasero alcuni, qua e là, nelle isole del mare e in località sperdute delle pianure, certi che erano passati inosservati e avevano conservato la capacità di volare, anche se a vederli sembravano uomini come tutti gli altri”. Ecco, Charlie Parker capì che il potere del volo, ormai negato all’uomo, poteva essere raggiunto simbolicamente attraverso la musica, di una vita condotta sul filo di uno eccesso continuo in una bruciante accelerazione. Il sassofonista più virtuoso e più tecnico del suo tempo ricostruì inconsciamente in musica il mito del volo afroamericano, di un immaginario ancestrale che vede l’ uomo come essere puro. E ancora oggi il jazz di Charlie Parker continua a volare come non mai.

Gianluca Nicastro (9.5.10)

About the author

Annalisa Nicastro

Mi riconosco molto nella definizione di “anarchica disciplinata” che qualcuno mi ha suggerito, un’anarchica disciplinata che crede nel valore delle parole. Credo, sempre e ancora, che un pezzetto di carta possa creare effettivamente un (nuovo) Mondo. Tra le esperienze lavorative che porterò sempre con me ci sono il mio lavoro di corrispondente per l’ANSA di Berlino e le mie collaborazioni con Leggere: Tutti e Ulisse di Alitalia.
Mi piacciono le piccole cose e le persone che fanno queste piccole cose con amore e passione. E in ultimo vorrei dire che mica sono matta, ma solo pazza. Pazza di gioia.

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