La soffitta Recensioni

EVERYTHING BUT THE GIRL – EDEN

Scritto da Marco Restelli

il paradiso (musicale) è qui

 

Tutti ricordano gli anni 80 per la musica postpunk, la new wave e le tastiere elettroniche che spadroneggiavano in lungo e in largo, eppure quella decade non fu solo questo.
Fra le band che si distinsero per un dolce suono jazzato e la loro indubbia classe compositiva gli Everything But The Girl li piazzerei comodamente sul podio.
Il loro album d’esordio Eden (del 1984), che siamo andati a ripescare dalla nostra soffitta per voi, è un piccolo gioiello che merita di essere rispolverato e riascoltato dall’inizio alla fine, in quanto privo di filler.
Ben Watt e Tracy Thorn, tra l’altro a tutt’oggi ancora marito e moglie, crearono in studio (prodotti dall’ottimo Robin Millar) un’alchimia magica, unendo le loro chitarre acustiche e le loro voci in una maniera unica, a supporto di canzoni che hanno tutte il dna del classico.
Each and everyone che apre il lato A (per gli amanti del vinile) è già la prima perla che ti stende, grazie alla sua melodia cullante. Una ballata mid-tempo costruita su un tappeto di fiati che si troveranno in diversi altri pezzi e che, personalmente, non mi stanco mai di ascoltare, da oltre trent’anni. Anche Bittersweet, molto più veloce chiarisce subito che a prescindere dal ritmo del brano, il livello del disco non si abbasserà di un millimetro. Infatti, anche la lentona Tender blue, nella quale la coppia duetta avendo sullo sfondo la tromba e il flicorno geniali di Dick Pearce, lascia il segno costituendo con le due precedenti un tris d’assi micidiale per le coronarie degli ascoltatori più romantici.
Ma quest’album è così esteticamente ricco di soprese che le sue canzoni più belle sono sparse un po’ ovunque. Mi riferisco in particolare a The spice of life e Fascination che volontariamente mi limito solo a segnalare, senza entrare nei dettagli. Sarà sufficiente ascoltarle per innamorarsene “a prima vista”.
Even so ha un’aria estiva e un ritmo quasi sudamericano, con quelle percussioni di Bosco de Oliveira. Da mettere su di notte su una terrazza ad agosto ballando con la persona a cui si tiene di più. Il testo è tutto giocato sulla volontà di restare insieme, ma sulla possibilità che in realtà ci si potrebbe lasciare. Tira e molla, lacrime e baci.
I must confess non è certo da meno delle altre e parla di una donna lasciata dal suo uomo (You kissed my head as you stood in the door, and you said “Don’t want to see you no more”) al quale lei rinfaccia in fin dei conti di non averla mai veramente fatta sentire amata, tanto che non lo rimpiangerà affatto.
Aggiungere altro sarebbe superfluo: come in qualche modo suggerisce il titolo di questo album: il paradiso (musicale s’intende) è qui.

About the author

Marco Restelli

Originario di Latina, ma trapiantato ormai stabilmente a Bruxelles. Collaboro con diversi siti musicali. Collezionista di dischi dai primi anni '80, ascolto praticamente ogni tipo di musica, distinguendo solo quella che mi emoziona da tutto il resto.
In progetto: l'attività di promoter di eventi live di artisti emergenti nel Benelux. Sono orgogliosamente cattolico, ma ritengo che la tolleranza sia alla base delle relazioni umane. Se dovessi salvare un solo disco, fra i miei 3500, sceglierei "Older" di George Michael. La mia più grande passione, oltre alla musica: la mia famiglia e i miei tre bambini.

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